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Il Blog di Anna Bruno
La via verso la liberazione nel “Narciso” attribuito a Caravaggio
- 06/03/2024
- Pubblicato da: Anna Bruno
- Categoria: arte educazione all'arte

Un viaggio breve ma affascinante quello che ho scelto per questo mio primo video esplorativo nel mondo dell’Arte (link in calce all’articolo). Un viaggio all’interno di Narciso, un quadro attribuito all’artista più discusso del periodo a cavallo tra il ‘500 e il ‘600: Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio. L’opera si trova alla Galleria d’Arte antica di Palazzo Barberini.
Vi chiederete, son sicura, quale sia la motivazione che mi ha spinto a scegliere proprio questo quadro. La mia risposta risiede in quel protagonista che porta con sé una dinamica psicologica di cui si sente tanto parlare oggi e che l’autore qui tratta in maniera del tutto singolare, proponendo una soluzione molto diversa da quella fornita dal terzo libro delle Metamorfosi di Ovidio. E ce lo offre come insegnamento a cui, seppur a distanza di secoli, la nostra cultura odierna del narcisismo di matrice liberista e neoliberista sembra chiamata a consegnarsi per potersi sollevare dalle morse dei suoi stessi tentacoli.
Già negli anni ’70, nel suo meraviglioso testo dal titolo “La cultura del Narcisismo” (1979, Bompiani), Christofer Lasch, storico e sociologo americano, denunciava quanto questo fenomeno, dilagante in ogni settore della società americana, fosse utile a garantire più solidità e forza alla vorace immagine produttivo-consumistica dell’Occidente. La dinamica carnefice-vittima, anche in ambito familiare – una famiglia destinata a liberarsi dell’ottocentesca struttura patriarcale per divenire sempre più nucleare e consumante -, apparve la migliore al fine di aumentare il livello di insicurezza personale quanto sociale, tale da poter innalzare le potenzialità (ma non necessariamente il potere) d’acquisto e di produzione da parte dei soggetti-vittime e/o carnefici. I soggetti sarebbero stati indotti, in maniera del tutto inconsapevole, ad esasperare il proprio bisogno di erigere una maschera rispetto all’alterità, già in età adolescenziale e procrastinare e solidificare via via fino alla vecchiaia. Un esercizio questo che avrebbe distolto, e per sempre, chiunque dalla propria interiorità. Il vuoto interiore che ne sarebbe scaturito, avrebbe, senza mezzi termini, causato la malattia della natura desiderante di ogni persona, facendo divenire il desiderio personale e collettivo nei confronti della materia prevaricante, fino a divenire perverso e compulsivo. Una forma di dipendenza da cui poter uscire (?) possibilmente con psicofarmaci. Da qui la necessaria perdita dell’empatia in alcuni e il sovraccarico dello stesso sentimento in altri. Non che chi fosse raggiunto da troppa empatia fosse libero dal narcisismo, anzi… Anche la troppa empatia ha il suo risvolto narcisistico. Tutto previsto e studiato a tavolino dagli odierni “grandi della terra” per cui un tale squilibrio emotivo avrebbe di certo assicurato loro guadagni inimmaginabili.
Mi obietterete di certo che anche al tempo di Caravaggio la cultura narcisista la faceva da padrone nel mondo occidentale. E l’obiezione non fa una piega. Non a caso il quadro da me scelto ne tratta l’argomento. Tuttavia, allora era per lo più confinata ai mondi d’alto rango: aristocrazia e mondo ecclesiastico, dove la cura della maschera era un modus pensandi, vivendi e operandi, per poter mantenere un certo ruolo agli occhi dell’altro da sé, e per poter dunque raggirare e usare meglio chi a quel rango non apparteneva o, se vi apparteneva, dimostrava di non averne “la stoffa”.
In ogni caso, oggi tale cultura ha raggiunto livelli insostenibili, avendo messo tutti contro tutti. Una cultura dell’immagine che oggi vomita tutta la sua inconsistenza, come quell’immagine fugace del mitico Narciso riflessa nell’acqua e che ha fatto perdere al giovane fanciullo la possibilità di crescere emotivamente come uomo, segregandolo alla geenna di un’adolescenza perenne e in perenne fuga dalla responsabilità del proprio sé. E ancor peggio in perenne dipendenza da qualsiasi cosa lo tenga fuori da sè: persona, gruppo, istituzione, lavoro, soldi, sport, alcool, droghe ecc.
E così, sembra addirittura che il nostro fanciullo, Narciso-Occidente, sia già caduto nelle acque dello stagno, cercando di resistere a tutti i costi. Ma le acque, traditrici, lo stanno già risucchiando e la lotta risulta dura. Il suo destino allora sembra segnato: Narciso-Occidente, sia a livello personale sia a livello collettivo, dovrà andare incontro alla morte. Ed essendo la morte rigenerativa in ogni caso, ci chiediamo se la rigenerazione del nostro Narciso-Occidente continuerà a seguire il percorso del Narciso del terzo libro di Ovidio che trasforma il protagonista in un fiore gioioso ma destinato alla perenne fugacità,
oppure se riuscirà a trovare la consapevolezza nel percorso per una trasmutazione piena di luce, dalla Nigredo alla Rubedo, come quella raccontata dal pennello dell’artista, che per levatura animica, credo fermamente, non possa esser stato di alcun altro artista dell’epoca se non di uno spirito complesso come quello di Caravaggio. Non a caso, dall’alto al basso, il quadro dal fondo nero del registro superiore dell’opera, assume una patina rossa, la fiamma della saggezza, nel registro inferiore.
Per avvalorare ulteriormente l’attribuzione all’artista “assassino”, “maledetto e spadaccino” nel video, propongo un divertente esercizio di confronto con un altro quadro di sua sicura mano, la Maddalena penitente (Galleria Doria-Pamphilj, 1596-7, Roma), dipinta negli stessi anni.
E vi propongo, altresì, ascoltandomi, di andare ancora oltre, per inoltrarvi in una fervida connessione con l’oggi…. perché l’arte è arte quando si fa messaggio universale, attraversa i secoli e sempre insegna!…
Vi lascio dunque al video e vi chiedo di iscrivervi al mio canale youtube per restare aggiornati e condividere l’articolo in modo da aiutarmi a dare visibilità a questo mio intenso lavoro di ricerca e di studio interdisciplinare nell’arte. A tutti voi auguro una buona visione: